Safinamide non ha raggiunto l’endpoint di efficacia nei pazienti con Parkinson in fase precoce


Sono stati presentati i risultati preliminari di un’estensione di 12 mesi di uno studio di fase III di 6 mesi riguardanti la Safinamide, come trattamento aggiuntivo alla terapia con agonisti della dopamina nei pazienti con malattia di Parkinson in fase precoce.

L’obiettivo dello studio è stato quello di valutare la sicurezza e l’efficacia della Safinamide nel lungo periodo.

Riguardo all’endpoint primario di efficacia, tempo all’intervento, non è stata raggiunta la significatività statistica quando i dati dei diversi dosaggi ( 50-100 mg, 150-200 mg ) sono stati valutati assieme.
La mancanza di effetto statistico potrebbe essere dovuta alla non risposta all’alto dosaggio ( 150-200 mg ).

L’intervento era definito come il verificarsi di uno dei seguenti eventi: aumento del dosaggio dell’agonista della dopamina, l’aggiunta di un altro agonista della dopamina, Levodopa o di un altro farmaco, oppure l’interruzione del trattamento a causa della mancanza di efficacia.

Un’analisi post-hoc ha mostrato che l’aggiunta di Safinamide, al dosaggio di 50-100 mg/die, alla terapia con un agonista della dopamina, ha ridotto in modo significativo il numero di pazienti che hanno sperimentato un intervento, ha permesso il mantenimento del miglioramento dei sintomi motori ed ha migliorato la qualità della vita, rispetto alla monoterapia con agonisti della dopamina.

I più frequenti eventi avversi osservati sono stati: dolore di schiena ( Safinamide 50-100 mg: 12,5%; Safinamide 150-200 mg: 1,4%; placebo: 6,4% ), edema periferico ( Safinamide: 3,8%; 4,3%; placebo: 10,3% ), cataratta ( Safinamide: 5%; 10,1%; placebo: 6,4% ), scotoma ( Safinamide: 8,87%; 2,9%; placebo: 7,7% ), e capogiri ( Safinamide: 7,5%; 4,3%; placebo: 5,1% ). ( Xagena_2007 )

Fonte: Merck KGaA, 2007



Link: MedicinaNews.it


XagenaFarmaci_2007