Sclerosi multipla recidivante-remittente: Alemtuzumab ha arrestato la progressione della disabilità e prevenuto le ricadute in una percentuale significativa dei pazienti
Nel corso dell’Annual Meeting dell’American Academy of Neurology ( AAN ) sono stati presentati i dati conclusivi a 4 anni dello studio di fase 2 CAMMS223 su Alemtuzumab ( Lemtrada ) nel trattamento della sclerosi multipla.
Questi dati hanno mostrato come il 71% dei pazienti affetti da sclerosi multipla rimangano privi di manifestazioni cliniche attive della malattia sino a 3 anni dopo aver ricevuto l’ultima somministrazione dell’anticorpo monoclonale.
Lo studio di fase 2 CAMMS223 ha confrontato Alemtuzumab all’attuale terapia approvata per la sclerosi multipla, Interferone beta-1a ( Avonex, Rebif ), in pazienti affetti da sclerosi multipla recidivante-remittente in fase precoce e attiva mai trattati in precedenza. Alemtuzumab è stato somministrato ai pazienti in due o tre cicli annuali di non più di cinque giorni l’uno, mentre l’Interferone beta-1a è stato somministrato ai pazienti tre volte la settimana, ogni settimana per tre anni.
I dati conclusivi a quattro anni hanno mostrato che:
a) il 71% circa dei pazienti trattati con Alemtuzumab erano privi di manifestazioni cliniche attive della malattia ( assenza di ricadute ed arresto della progressione della malattia, in base all’Expanded Disability Status Scale – EDSS ) per tutta la durata dello studio, contro il 35% dei pazienti trattati con Interferone beta-1a ( p<0.001 );
b) il 91% dei pazienti trattati con Alemtuzumab non ha sviluppato disabilità correlate alla malattia, contro il 68% di quelli trattati con l'Interferone beta-1a;
c) il 77% dei pazienti trattati con Alemtuzumab non ha avuto ricadute, contro il 49% di pazienti trattati con Interferone beta-1a.
Le analisi a posteriori sui pazienti privi di manifestazioni cliniche attive della malattia sono state effettuate utilizzando i dati dei pazienti che hanno partecipato allo studio CAMMS223. Il set di dati analizzato consiste nei dati del follow-up dei pazienti a tre anni inizialmente pianificato, in quelli di un follow-up aggiuntivo, posteriore ai tre anni, ed in quelli di un follow-up sui pazienti che, pur avendo abbandonato la sperimentazione, vi hanno poi hanno nuovamente partecipato mediante un programma di gestione del rischio. Circa il 15% dei pazienti che hanno partecipato al follow-up successivo ai tre anni avevano utilizzato altre terapie modificanti la malattia non previste dallo studio. Un’analisi di sensibilità che ha escluso questi pazienti ha mostrato come Alemtuzumab sia favorito dai risultati in base a rischio di recidive, accumulo di disabilità e assenza di malattia in fase attiva.
Vari studi hanno dimostrato che nella sclerosi multipla i linfociti T e B attaccano per errore la guaina mielinica che protegge le cellule nervose. Questi attacchi possono causare la progressione della malattia e una disabilità irreversibile.
Su un'ampia coorte di pazienti ( n=216 ) con sclerosi multipla recidivante-remittente trattati con Alemtuzumab, è stato osservato che l'anticorpo monoclonale si lega selettivamente ai linfociti T e B risparmiando altri elementi del sistema immunitario. È inoltre stato dimostrato come queste cellule bersaglio comincino a ricomparire subito dopo la fine del trattamento.
Durante lo studio di fase 2, in sei pazienti trattati con Alemtuzumab e in uno trattato con Interferone beta-1a si è avuto lo sviluppo di porpora trombocitopenica idiopatica, una patologia autoimmune. Nel primo caso riscontrato, verificatosi in un paziente trattato con Alemtuzumab, i sintomi della porpora trombocitopenica idiopatica non sono stati riconosciuti, causando al paziente un’emorragia cerebrale fatale. I successivi cinque casi in pazienti trattati con Alemtuzumab sono stati diagnosticati in tempo e tutti e cinque i pazienti sono guariti, sia che abbiano ricevuto un trattamento specifico durante lo studio, sia senza riceverlo. I nuovi risultati di follow-up hanno mostrato che questi cinque pazienti continuano ad avere una conta piastrinica normale e la porpora trombocitopenica idiopatica non è più stata riscontrata dopo 16 mesi dalla fine dell’ultimo ciclo di trattamento con Alemtuzumab. Ad oggi non sono stati registrati nuovi episodi o ricadute di pregressi episodi di porpora trombocitopenica idiopatica.
Ulteriori nuovi dati di follow-up hanno mostrato come i pazienti trattati con Alemtuzumab che hanno manifestato eventi avversi di tipo autoimmune abbiano comunque ottenuto benefici clinici dalla somministrazione del farmaco, rispetto ai pazienti trattati con Interferone beta-1a: diminuzione delle recidive del 78% e diminuzione del rischio di progressione sostenuta della disabilità del 66%. I dati aggiornati a quattro anni hanno evidenziato che il 28% dei pazienti trattati con l’anticorpo monoclonale ha sviluppato un evento avverso tiroideo di natura autoimmune. Questi eventi si sono risolti spontaneamente oppure sono stati trattati con terapie convenzionali.
Tra gli eventi avversi comuni riscontrati nello studio clinico vi sono stati reazioni nel sito di infusione nei pazienti trattati con Alemtuzumab e sintomi influenzali nei pazienti trattati con Interferone beta-1a. Il primo gruppo di pazienti si è dimostrato più incline a sviluppare infezioni, specialmente del tratto respiratorio superiore. Queste infezioni sono state di gravità da lieve a moderata e mai fatali o potenzialmente mortali. ( Xagena_2010 )
Fonte: Genzyme, 2010
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