MabThera riduce le recidive nei pazienti con sclerosi multipla recidivante-remittente
Un farmaco attualmente impiegato nel trattamento del linfoma non-Hodgkin e dell’artrite reumatoide, ha mostrato di possedere un significativo effetto nel trattamento della sclerosi multipla recidivante remittente.
Poiché Rituximab ( Mabthera ) ha come bersaglio le cellule B del sistema immunitario, piuttosto che le cellule T tradizionali, la scoperta fornisce nuovi elementi per la comprensione delle cause alla base della sclerosi multipla recidivante-remittente.
Rituximab, nello studio pubblicato sul The New England Journal of Medicine ( NEJM ), ha ridotto in modo sensibile il numero di lesioni infiammatorie. Inoltre ha prodotto una significativa riduzione dei sintomi clinici della malattia: alterazioni sporadiche, temporanee, in alcune funzioni neurologiche, come la mobilità di un arto o la visione in un occhio.
Lo studio di fase II ha avuto la durata di 48 settimane.
Secondo Stephen L. Hauser dell’University of California - San Francisco ( UCSF ), la dimensione e la rapidità dell’effetto del farmaco stanno ad indicare che la terapia che ha come bersaglio le cellule B può rappresentare un’importante strategia di trattamento nella forma più comune della sclerosi multipla.
Fin dai primi anni 70, i Ricercatori che si occupavano di sclerosi multipla avevano indirizzato le proprie ricerche sulle cellule T e sono state sviluppate terapie specifiche, alcune dotate di buona efficacia.
Rituximab ha come target le cellule B che presentano sulla superficie la proteina CD20.
Lo studio è stato condotto in 32 centri medici negli Stati Uniti ed in Canada, ed ha coinvolto 104 pazienti con sclerosi multipla recidivante-remittente; di questi 69 hanno ricevuto Rituximab e 35 il placebo.
>br> Alla 24.a settimana ( endpoint primario ) i pazienti trattati con Rituximab sono andati incontro ad una riduzione del 58% nel numero di recidive, rispetto ai pazienti che avevano ricevuto placebo.
Non sono state osservate differenze tra gli eventi avversi nei due gruppi.
Fonte: University of California - San Francisco, 2008
Link: MedicinaNews.it
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